Biografia

Guglielmo Marconi

"Marconi era l'uomo giusto al posto giusto al momento giusto. Era l'uomo giusto perché possedeva la combinazione ideale di caratteristiche personali per l'impresa: tenacia, coraggio, capacità tecnica, carisma e predisposizione alle relazioni pubbliche."

Gli anni della formazione

Nato il 25 aprile 1874 da padre italiano (Giuseppe, ricco possidente terriero impegnato nella gestione di consistenti proprietà patrimoniali e in diverse attività commerciali) e madre irlandese (Annie Jameson), Marconi non seguì un corso di studi di tipo tradizionale anche a causa dei frequenti spostamenti invernali della famiglia, prima in Inghilterra e poi in Toscana.

A Livorno il giovane Marconi prese diverse lezioni private e sviluppò un forte interesse per l’elettrotecnica, che approfondì con Vincenzo Rosa, professore di fisica del liceo locale e unica figura di «maestro» che Marconi riconobbe in seguito ripercorrendo gli anni della sua formazione.

Nel laboratorio allestito nella casa paterna, Villa Griffone, nella campagna bolognese, il giovane si dedicò ad esperimenti e letture di notevole livello (era tra l’altro abbonato all’ottima rivista «L’Elettricità») maturando ben presto l’ambizione di diventare inventore. Fin dal suo primo progetto tecnico (il tentativo, intrapreso all’età di diciotto anni, di realizzare una nuova pila elettrica da presentare a un Concorso internazionale bandito da «L’Elettricità») Marconi manifestò interesse per le applicazioni tecnologiche concrete e per il loro possibile sfruttamento commerciale.

Dei suoi primi progetti ebbe l’opportunità di discutere con Augusto Righi, noto docente dell’Università di Bologna impegnato in importanti esperimenti sulle onde elettromagnetiche, ma dopo avere ricevuto il naturale consiglio di portare a termine gli studi, il giovane decise di dedicarsi in totale segreto al progetto che avviò all’età di vent’anni e che avrebbe rivoluzionato il mondo delle telecomunicazioni.

L’invenzione e l'affermazione della telegrafia senza fili

Nel 1894 Marconi iniziò a compiere esperimenti con le onde elettromagnetiche (in quel periodo oggetto di indagine in vari laboratori di ricerca europei) con l’intento di utilizzarle come mezzo per inviare segnali a distanza senza ricorrere ai fili della telegrafia ordinaria. In seguito a un’intensa attività sperimentale, svolta nella casa paterna, riuscì a inviare segnali a 2 km di distanza, al di là di una collina interposta tra l’apparato di trasmissione e quello di ricezione. L’ostinazione nel provare innumerevoli modifiche e l’ottima abilità manuale furono elementi decisivi per migliorare alcuni dispositivi (in particolare egli perfezionò il rivelatore di onde elettromagnetiche – il coherer – dotandolo di una eccezionale sensibilità) e per l’introduzione dell’antenna, elemento fondamentale del sistema Marconi.

Quei primi esperimenti di telegrafia senza fili svolti nel 1895 segnarono l’inizio delle radiocomunicazioni. Immediatamente Marconi si pose il problema di assicurarsi un riconoscimento ufficiale per la sua promettente invenzione e di trovare le condizioni migliori per potere svilupparla e sfruttarla commercialmente. Insieme alla famiglia decise di trasferirsi in Inghilterra, paese economicamente e industrialmente avanzato e fortemente interessato al potenziamento delle reti di comunicazioni, nel quale inoltre risiedevano i parenti materni del giovane inventore che furono di grande aiuto per i contatti che egli poté stabilire al suo arrivo a Londra, nel febbraio del 1896.

Marconi si affidò ai più validi esperti legali per la stesura del suo primo brevetto (giugno 1896), presentò la sua invenzione negli ambienti interessati (in particolare, avviò una collaborazione con William H. Preece, direttore tecnico del General Post Office) e dopo una fitta serie di contatti, procuratigli dal cugino Henry Jameson Davis, nei quali dimostrò un notevole talento per le pubbliche relazioni e grande caparbietà negoziale, decise di fondare una compagnia privata. Nel luglio del 1897 fu costituita la Wireless Telegraph and Signal Company (poi nota come Marconi Company) della quale Marconi diventò direttore tecnico e inizialmente fu azionista di maggioranza. In questo modo egli mantenne il controllo sugli sviluppi della propria invenzione, che non era ancora pronta per delle realizzazioni commerciali.

Marconi era consapevole della quantità di lavoro che rimaneva da svolgere per raggiungere obiettivi assai ambiziosi. Inizialmente le possibilità della radiotelegrafia sembravano infatti limitate alle comunicazioni marittime, – dove il telegrafo non poteva arrivare – vale a dire tra le navi in movimento e tra le navi e la costa. Per Marconi invece l’invenzione aveva davanti a sé ulteriori sviluppi, primo fra tutti la possibilità di funzionare a distanze molto maggiori rispetto a quelle ottenute nei primi mesi di prove. In altri termini, egli era fermamente convinto che vi fosse qualcosa nella telegrafia senza fili che andava al di là dell’idea di un suo sfruttamento di piccole dimensioni per un profitto immediato e seppe sfruttare la sua posizione all’interno della Compagnia per effettuare ricerche e dimostrazioni in questa direzione.

In qualità di direttore tecnico della Compagnia, Marconi scelse collaboratori con una preparazione tecnica e scientifica molto buona (tra questi spicca sicuramente John Ambrose Fleming, di lì a poco inventore del diodo) e con loro si dedicò con grande determinazione negli ultimi anni dell’Ottocento alle attività di ricerca e di dimostrazione del sistema. Nei primissimi anni di attività della Compagnia, Marconi e i suoi collaboratori si mossero principalmente in due direzioni, quella dell’incremento della portata delle trasmissioni e quella della riservatezza e dell’indipendenza delle comunicazioni. Questo secondo problema venne risolto con il famoso brevetto 7777 (ottenuto nel 1900 e seguito da prolungate dispute) relativo alla sintonia dei circuiti trasmittenti e riceventi che svelò l’esistenza di una nuova entità, lo spettro radioelettrico, che opportunamente diviso e governato poteva permettere la comunicazione contemporanea di molti segnali senza interferenze, allargando in modo straordinario la capacità comunicativa della radio.

Marconi fu molto abile nella scelta delle dimostrazioni da svolgere e nel pubblicizzare ogni successo ottenuto. Grande popolarità ebbero ad esempio i primi servizi radiotelegrafici giornalistici, sorta di «radiocronache» sportive: nel luglio del 1898 Marconi seguì, a bordo di un piroscafo, le regate indette dal Royal Yachting Club, trasmettendo telegraficamente le fasi della corsa al Daily Express di Dublino, che poté uscire con i risultati della gara prima che le imbarcazioni che facevano ritorno in porto fossero spuntate all’orizzonte. Un servizio analogo fu realizzato nel 1899 negli Stati Uniti in occasione delle regate per l’America’s Cup: Marconi curò un servizio telegrafico per due giornali americani e ciò contribuì ad aumentare la fama dell’inventore italiano.

Tra i passi fondamentali nella «conquista della distanza» (principale obiettivo di Marconi) vi fu il collegamento tra Inghilterra e Francia (50 km nel 1899) e la prima trasmissione transatlantica (tra l’Inghilterra e Terranova, oltre 3.000 km nel dicembre 1901). Quest’ultima impresa costituì una vera e propria sfida alle conoscenze scientifiche disponibili (secondo la fisica di fine Ottocento infatti le onde elettromagnetiche utilizzate da Marconi potevano propagarsi soltanto in linea retta e quindi la curvatura della terra e un’enorme montagna d’acqua avrebbero impedito qualsiasi trasmissione tra le due sponde dell’Atlantico) e comportò un notevole azzardo economico. La sua riuscita procurò grande fama e al tempo stesso grande ostilità a Marconi, sia da parte delle compagnie dei cavi sottomarini che si sentivano minacciate dai clamorosi sviluppi della radiotelegrafia, che dai molti scettici, presenti anche all’interno della comunità scientifica, secondo i quali la ricezione del primo segnale radio transatlantico (nulla di più che i tre punti corrispondenti alla lettera S del codice Morse) poteva essere frutto di immaginazione o forse un fenomeno di elettricità atmosferica.

La migliore difesa di Marconi furono i risultati positivi che continuò a raccogliere, già dai primi mesi del 1902, prima durante esperimenti condotti a bordo del transatlantico Philadelphia e poi sulla corazzata Carlo Alberto messagli a disposizione dalla Marina italiana. In quell’anno Marconi mise a punto un nuovo tipo di rivelatore, il detector magnetico, più sensibile e affidabile del coherer, che verrà adottato fino all’introduzione delle valvole termoioniche. Il perfezionamento del programma transatlantico comportò diversi anni di ulteriore lavoro: oltre alle sperimentazioni condotte a bordo di navi, furono costruite nuove stazioni (Glace Bay nel 1902, Cape Cod nel 1903 e Clifden nel 1907) e furono necessari nuovi dispositivi. Nel 1908 Marconi riuscì a raggiungere il suo obiettivo più ambizioso: un ponte di comunicazioni regolari tra le due sponde dell’Atlantico.

Una delle principali applicazioni della sua invenzione fu quella dei servizi radiomarittimi per la sicurezza in mare e in questo settore è ben noto l’episodio del Titanic (1912), a bordo del quale un terzo dei passeggeri si salvò grazie ai segnali di soccorso lanciati con gli apparati radiotelegrafici Marconi.

Il ritorno alle onde corte

I successi di Marconi nelle comunicazioni a grande distanza erano basati sull’uso di onde sempre più lunghe. A partire dalla prima guerra mondiale egli ricominciò a sperimentare con le onde corte, scoprendone i vantaggi e fornendo così un’ulteriore dimostrazione della sua flessibilità sperimentale e del suo pragmatismo.

In seguito alle importanti esperienze effettuate nel 1923 tra Poldhu e lo yacht Elettra (acquistato da Marconi nel 1919, fu per molti anni sua frequente residenza e laboratorio viaggiante), si affermò il sistema di collegamenti ad onde corte a mezzo di stazioni a fascio. L’Inghilterra e la Compagnia Marconi firmarono un importante contratto per la costruzione di una rete di stazioni ad onde corte, del nuovo tipo a fascio dirigibile, collegante i punti principali dell’impero britannico. Nel 1926 venne inaugurato il primo tronco della rete Inghilterra – Canada e l’anno successivo seguirono altre stazioni.

A partire dalla fine degli anni Venti il carico degli impegni pubblici di Marconi aumentò notevolmente. Nel 1928 egli venne nominato presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e nel 1930 assunse la presidenza della Reale Accademia d’Italia. Pochi anni dopo, i suoi rapporti con il regime fascista cominciarono a raffreddarsi: Marconi fu certamente tra coloro che cercarono di frenare le tendenze filotedesche e antisioniste all’interno del fascismo ed era tra i fautori di una politica estera filobritannica.

Anche negli ultimi anni della sua carriera Marconi continuò a non trascurare l’aspetto delle pubbliche relazioni necessario agli sviluppi delle radiocomunicazioni: grande risonanza, ad esempio, ebbe il collegamento (di scarso valore scientifico ma di grande impatto emotivo) stabilito da Marconi nel marzo del 1930 tra le apparecchiature dell’Elettra, ancorata nel porto di Genova, ed una stazione ad onde corte installata a Sydney in Australia, a quasi 20000 km di distanza. Premendo un tasto dalla cabina radio dell’Elettra, Marconi inviò un radiosegnale che agì su un relais che fece accendere le luci del Municipio della città australiana.

Nel 1931 Marconi avviò le sue indagini sulle microonde, il cui sviluppo è alla base della maggior parte dei moderni sistemi radio.

Marconi fu invitato in molti paesi del mondo ad illustrare gli sviluppi delle radiocomunicazioni delle quali diventò un simbolo vivente. Tra i numerosi riconoscimenti ufficiali attribuiti a Guglielmo Marconi – lauree honoris causa, onorificenze e ricompense scientifiche – il principale fu il Premio Nobel per la Fisica che condivise con Karl Ferdinand Braun nel 1909.

Morì a Roma il 20 luglio 1937. Il mondo lo commemorò con un atto eccezionale: tutte le stazioni radio rimasero in silenzio per due minuti nei quali l’etere tornò ad essere silenzioso come era stato prima di Marconi.

[testo di Barbara Valotti]